Da dove nasce l’idea di scrivere un libro sul talento?
Le idee percorrono spesso traiettorie discontinue, imprevedibili. Sono meticce per natura. Si mescolano con le esperienze del quotidiano. Vengono a contatto con altre idee e intraprendono a volte lotte sfiancanti senza esclusione di colpi per emergere. Sono il frutto delle nostre biografie e del contesto di riferimento. L’idea del libro è stata il naturale sbocco a cui sono approdato dopo aver chiaramente scoperto che c’era una forte esigenza di studiare (scientificamente) il talento come fenomeno “alternativo” della natura umana. Alternativo nel senso di non conforme. Ossia il comportamento tipicamente umano di rompere gli schemi preesistenti e inventarsi nuove alternative possibili.
Che tipo di messaggio hai voluto comunicare attraverso il tuo libro?
Il messaggio principale che il talento è alla portata di tutti. Perché dico questo? È retorica? No. Ognuno, in quanto appartenente alla specie Homo Sapiens, ha in dotazione un dispositivo comportamentale automatico che lo orienta nel mondo. Quel dispositivo, che chiamo talento, rappresenta la fonte da cui attingiamo le informazioni per sopravvivere meglio. Per trovare un posto nel mondo. Esprimere la nostra autenticità. È una guida naturale che il nostro organismo crea per rispondere al meglio agli stimoli ambientali. Il nostro talento ci guida anche se noi non ce ne accorgiamo. Tutto sta nello scoprire quale sia quel dispositivo che guida i nostri comportamenti quotidiani ed influenza la nostra biografia. Nel libro c’è una parte dedicata alle “Storie”. Ho cercato di mettere in evidenza, attraverso le storie di personaggi famosi e meno famosi, le variabili sociali che plasmano la forma del talento dandogli la possibilità di manifestarsi. Un ruolo importante è ricoperto dall’Interpretante: quel qualcuno o qualcosa che entra in contatto con noi e ci permette di raffinare il “grezzo”.
Che rapporto esiste tra il talento ed il mondo del lavoro?
Un rapporto di amore-odio. Diffidenza ed esaltazione. Paura e falsi miti. Un rapporto che, a mio avviso, andrebbe rifondato. Su nuove basi più aperte e solide. Dobbiamo renderci conto che non possiamo trascorrere affannosamente la nostra vita ad inseguire un lavoro che non c’è. In una condizione di perenne stress emotivo. Con questi presupposti, siamo lontani anni luce da una condizione che ci permette di esplodere il nostro talento e perseguire la felicità. Il lavoro dovrebbe essere in funzione del talento. E non viceversa. Il talento deve riprendersi i suoi spazi ed avere l’autonomia necessaria a svilupparsi. Il mondo del lavoro e delle aziende ne prendano atto:
Investire sull’ingaggio, lo sviluppo e la motivazione dei talenti sarà la sfida del prossimo futuro per la competitività.
Come funziona il vostro modello?
Homo Talent, nel suo excursus, ha sempre interpretato i sentimenti di disagio sociale e disorientamento diffuso, come una grande opportunità di cambiamento del rapporto uomo-lavoro. D’altronde, la parola crisi – dal greco krisis ha in sé il significato di scelta, decisione, rinascita. Da questi presupposti, dopo una fase di ricerca e sperimentazione, ha sviluppato un percorso di Reskilling sostenibile rivolto a professionisti e piccole e medie imprese che intendono avviare processi di riconversione e di trasformazione digitale con un approccio antropologico che vede le tecnologie intese come riflesso e protesi del talento umano. Il percorso è strutturato in tre macro-fasi: 1) Check-up: È la fase di analisi dei talenti primari che indaga le potenzialità del soggetto ai fini della preparazione alla fase successiva di Reskilling. All’interno di questa fase viene tracciata anche la rotta del cambiamento (che noi chiamiamo in gergo “il nuovo ovest”) utilizzando la mappa dei quattro spazi antropologici; 2) Reskilling: È la fase in cui il soggetto impara facendo (learning by doing) e acquisisce le competenze pratiche, ritaglia il campo d’applicazione e seleziona gli strumenti più adeguati per affrontare il lavoro oggi nel mondo digitale; 3) Prototipazione: È la fase del disegno e dello sviluppo di soluzioni e interfacce web personalizzate sull’unicità del talento che diventa quindi, in modo naturale, la cosiddetta Value Proposition. Il cuore del business.
Qual è il vostro tratto distintivo?
Noi ci posizioniamo in una zona di frontiera tra l’antropologia, la tecnologia e il marketing. Il mix strategico di queste tre discipline ci permette di scoprire e definire il valore unico presente in ogni persona e azienda, ridefinendo il concetto di business model e di catena del valore in un’ottica di management mediterraneo. In sostanza, si modificano i parametri con cui si crea valore partendo dagli asset intangibili come le attitudini, i valori e le passioni.