Consolata Plantone

Consolata Plantone, Restarter e Change Manager, crede che la condivisione e la collaborazione siano le chiavi per la ripartenza del nostro Paese.

Cos’è per te il talento?

Inutile negarlo: il talento è una predisposizione, una capacità innata che ci appartiene e ci differenzia. Ma poiché non c’è la cultura del talento, questo non sempre questo viene scoperto, valorizzato e coltivato per essere di utilità a sé e alla comunità. Altre volte, invece, pur essendo consapevoli del proprio talento, non lo si coltiva o lo si fa superficialmente perché non si trova un ambito di applicazione che ci appassiona. Da solo, il talento è nulla: ci vuole passione e motivazione. Mi viene sempre in mente la morale della favola di EsopoLa lepre e la tartaruga”: spesso e volentieri chi si impegna con costanza e applicazione ottiene migliori risultati di chi, confidando nei propri talenti naturali, si abbandona alla pigrizia!

I tre valori per te irrinunciabili (in ordine d’importanza)

Rispetto, Accoglienza ed Empatia, nella loro più ampia accezione del termine. Rispetto per le regole, per le persone, per l’ambiente, per le idee, per le cose, per il lavoro, per il denaro, etc… Accoglienza, come contrario di chiusura; quindi, accoglienza delle novità, del dolore, delle opportunità, … Empatia: dobbiamo sempre metterci nei panni altrui. E già solo così il mondo sarebbe migliore.

Un libro che ti rappresenta

Il libro “La mucca viola” di Seth Godin. Ho sempre cercato di differenziarmi, di portare avanti la mia unicità, di avere le mie idee, una mia vision, non seguire il gregge ma essere sempre me stessa anche se nel corso della mia vita mi è costato parecchio.

Di cosa ti occupi attualmente?

Eh, bella domanda! Da brava multipotenziale ho sempre molti interessi e progetti contemporaneamente. Tuttavia recentemente ho sfruttato uno dei miei talenti (ma guarda un po’) e sono riuscita a mettere a fattor comune tutte le mie esperienze, passioni e competenze. Mi piace definirmi una RESTARTER, ovvero progetto modelli di business e di sviluppo sostenibile del territorio per far ripartire imprese e destinazioni affinché siano da amare: accessibili, accoglienti e sostenibili nel tempo.

Il progetto personale e/o professionale che ti ha dato maggiori gratificazioni?

È stato molto tempo fa, in collaborazione con la Coldiretti per la creazione di un consorzio di vendita diretta, l’accoglienza e lo sviluppo del territorio. Ed è da questa bellissima esperienza che si può dire che sia nata la mia attuale occupazione e, oserei dire, vocazione.

Se fossi il sindaco della tua città quali sono i primi tre provvedimenti che inseriresti in agenda?

Organizzerei un grande evento per aumentare prima di tutto l’orgoglio ed il senso di appartenenza che, di conseguenza, portano al rispetto, all’accoglienza e all’accessibilità; valori imprescindibili per avere una cittadinanza attiva, consapevole e responsabile e sentirsi parte attiva e protagonista del cambiamento. Ho visto Torino splendere durante le Olimpiadi Invernali del 2006. Abbiamo bisogno di speranza, di credere in qualcosa di positivo e che sia possibile. A seguire, più luoghi di aggregazione per favorire la formazione (obbligatoria) per fare sistema e la progettazione partecipata per lo sviluppo delle idee basate sui bisogni reali.

Partendo dalla tua esperienza personale/professionale, come pensi che evolverà il mondo del change management e della sostenibilità?

Voglio essere positiva. Viviamo un periodo di grandi trasformazioni e, analizzando la storia, questa non è una novità. C’è un pullulare di iniziative, c’è un gran fermento ma – paradossalmente – sebbene la tecnologia favorisca la condivisione, c’è ancora molta dispersione di energie e si lavora ancora a compartimenti stagni, ancorati a tradizioni o modus operandi obsoleti. Nel momento in cui si riuscirà a far comprendere che dobbiamo scrollarci di dosso questi stereotipi, che la collaborazione e la condivisione sono elementi imprescindibili, solo allora riusciremo a fare passi da gigante e invertire la rotta verso un mondo migliore e più sostenibile. La tecnologia, in questo, ci può aiutare sicuramente ma solo con l’aiuto di “umanisti”. Dobbiamo investire tutte le nostre risorse sul change management e la sostenibilità. Ma forse sono troppo di parte.

Come ti vedi tra 10 anni?

In giro per l’Italia e nel mondo, a parlare dei risultati del mio progetto come modello di ispirazione. (ma quanto sono ambiziosa!). Scherzi a parte, credo molto in ciò che faccio e voglio continuare a farlo: cambiare il mondo in meglio, un filo d’erba alla volta.

Come immagini l’Italia tra 10 anni?

Ancora una volta, voglio essere positiva. L’Italia è come una persona multipotenziale che ha molti talenti ma, come si sul dire, “ha stoffa, ma non si applica”. Ha perso la motivazione e la passione, per cui non investe più sui suoi talenti. Tra dieci anni potrebbe essere quello che è stato nel passato al tempo dei Romani, poi nel Medioveo, poi nel Rinascimento, poi poi… la Storia parla sempre di noi, abbiamo fatto grandi cose e ritorneremo ad essere grandi, un modello per il mondo. Dobbiamo solo crederci.

Se l’Italia fosse un film

L’Italia è come Cenerentola: fino all’ultimo laviamo i panni sporchi ma poi, all’occorrenza, sappiamo trasformarci in una meravigliosa regina; abbiamo solo bisogno di credere un po’ di più in noi stessi, come popolo italiano. Il talento, il potenziale non ci mancano; un pizzico di coraggio in più e ce la possiamo fare.

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