Da cosa nasce il Reskilling? “Il mondo del lavoro cambia velocemente” è un concetto che spesso leggiamo su articoli on e offline; tuttavia, spesso non ci soffermiamo sulle cause che determinano questa rapida evoluzione, se sia una condizione originata da fattori positivi o dal fatto che, per vendere prodotti o servizi, bisogna continuamente rinnovare e innovare per attirare i clienti che dispongono di un maggiore potere d’acquisto.
Sicuramente i timonieri del mondo lavorativo hanno preso coscienza che le migliorie da apportare al sistema economico devono svilupparsi in modo continuativo e riguardanti anche la persona, prima che la figura del dipendente. Un fatto probabile, che favorirà il reskilling sarà che la qualità delle competenze verrà maggiormente livellata, qualcuno direbbe globalizzata, evitando così che solo “poche persone” possano essere strapagate ed altre debbano restare al palo, con abilità limitate ed obsolete ed esposte allo sfruttamento. In conseguenza di ciò anche i prodotti potranno avere una qualità maggiore forse limitando gli sprechi e l’accumulo di immondizie a tutti i livelli.
In ogni caso è molto difficile individuare delle percentuali che possano stabilire cosa maggiormente spinga al cambiamento, perché, se da un lato il potere d’acquisto delle famiglie – in primis – perde energia (già da tempo) e stenta ad essere recuperato, dall’altro, la nuova ondata di “psicologia tecnologica”, stimolatrice di nuovi strumenti per la comunicazione online, sta prepotentemente condizionando il mercato del lavoro.
È chiaro che nella determinazione di tale processo evolutivo (da cosa nasce il reskilling), attualmente, dobbiamo considerare come grande spinta propulsiva il “fattore pandemia” che ha costretto gran parte delle popolazioni nel mondo a lavorare in smart working (Vedi Niente resterà come prima). Questa modalità, attesa da oltre 20 anni e mai davvero decollata, sta adesso facendo presa su persone e aziende che si rendono conto dei tanti vantaggi che la telematica e la tecnologia in genere può conferire all’uomo riconsiderando la propria vita a 360 gradi.

Una ricerca intitolata “Decoding Global Trends in Upskilling and Reskilling”, condotta da Boston Consulting Group (BCG) e dall’agenzia di recruitment online The Network, su un campione di 366mila “dipendenti” intervistati nel mondo, si è concentrata sugli effetti dei cambiamenti tecnologici e sulle costanti novità del mercato sempre pronto a sviluppare nuove strategie per esigenze produttive.
Il 61% degli intervistati ritiene che i trend globali di mercato siano destinati a trasformare le singole professioni. Nello specifico, il 49% ritiene che il maggiore fattore di cambiamento sarà determinato dall’avvento della robotica e dell’intelligenza artificiale, il 45% invece è persuaso che la spinta possa venire più dalla globalizzazione e dalla diffusione dell’outsourcing.
In italia il 50% degli intervistati ritiene che le tecnologie impatteranno in modo evidente sulla loro professione, il 55% (di questo campione) ritiene che il fattore principale di cambiamento sarà la globalizzazione. Per questa ragione, il 62% degli italiani compie già uno sforzo significativo in upskilling, dedicando almeno alcune settimane all’anno in attività di formazione. E addirittura il 70% si dice aperto ad un reskilling per riqualificare le proprie competenze in vista di nuove opportunità di impiego.
Sono dati su cui non solo le aziende, ma anche i governi devono soffermarsi, con la prospettiva di promuovere e sostenere l’apprendimento e la formazione, soprattutto di fronte alle sfide che il mondo del lavoro pone continuamente, spinto anche dalle esigenze di gestire al meglio la situazione ambientale ed ecologica.
Per approfondire l’argomento “Da dove nasce il reskilling” ti consigliamo la lettura dell’articolo “Come l’azienda può valorizzare il sommerso“.