Giornalista
Cos’è per te il talento?
Qualcosa di innato e soprattutto di naturale. Se lo cerchi si nasconde; se lo forzi perde di efficacia. Viene da solo, quando e come decide lui.
I tre valori per te irrinunciabili
Più che valori li definirei quello che serve per fare qualcosa che lasci un segno: il talento, appunto, la tenacia e la fantasia. Ognuno di loro serve a poco senza gli altri.
Un libro che ti rappresenta
Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcìa Marquez. Rileggerlo mi aiuta a non dimenticare quanto è importante la fantasia.
Di cosa ti occupi attualmente?
Giornalismo e scrittura, ormai le due cose viaggiano parallele.
Il progetto personale e/o professionale che ti ha dato lasciato il maggior impatto emotivo?
Scrivere il mio ultimo libro è stata sicuramente un’esperienza speciale, perché mi ha portato a passare dal silenzio della mia stanza al clamore dei dibattiti e del confronto in pubblico. Constatare che qualcosa partorita solo dalla tua mente possa appassionare qualcuno è un’emozione unica.
Se fossi il sindaco di Roma quali sono i tre provvedimenti che attueresti nei primi 100 giorni di governo?
Passerei i primi 100 giorni a scegliere con attenzione tutti i miei collaboratori e lo stesso farei con gli assessori. Il male di questa città è una certa politica rappresentativa di interessi e piccole lobby e una macchina amministrativa impiantata da anni in Campidoglio, che ormai controlla tutto.
Sei scrittore e giornalista d’inchiesta specializzato in Mafia Capitale. In base alla tua esperienza personale/professionale come pensi si possano tramutare queste “energie” criminali e corruttive in attività legali a beneficio sociale?
Non possono. Bisogna combatterle con ogni mezzo. Questi mondi criminali si stanno mangiando la città solo per la debolezza della classe politica e della stessa società civile. Le responsabilità sono di tutti, a partire da molti professionisti (commercialisti, notai, avvocati), che si sono fatti “scala” per permettere al mondo di mezzo di raggiungere quello di sopra. È necessario isolare culturalmente i criminali, perché solo una volta isolati l’attività investigativa darà realmente i suoi frutti.
Secondo te un nuovo rapporto tra Stato e cittadino può essere la chiave di volta?
Sicuramente sì, per guarire questo male è necessaria una rivoluzione culturale, una partecipazione massiccia della società civile che vada oltre la momentanea e superficiale indignazione, ma si allarghi a gesti concreti e a un nuovo modo di intendere la vita pubblica.
Come ti vedi tra 10 anni?
Più o meno come oggi…
Come immagini l’Italia tra 10 anni?
Come quella di dieci anni fa, impegnata ancora a interrogarsi se ce la possiamo fare, invece di farlo veramente.
Se l’Italia fosse un libro
Sarebbe Cecità di José Saramago, un luogo dove la gente perde improvvisamente e senza alcuna ragione apparente la vista. E nonostante i tentativi di arginarla, l’epidemia pian piano contagia tutti.