Daniele Autieri

Giornalista

Cos’è per te il talento?

Qualcosa di innato e soprattutto di naturale. Se lo cerchi si nasconde; se lo forzi perde di efficacia. Viene da solo, quando e come decide lui.

I tre valori per te irrinunciabili
Più che valori li definirei quello che serve per fare qualcosa che lasci un segno: il talento, appunto, la tenacia e la fantasia. Ognuno di loro serve a poco senza gli altri.

Un libro che ti rappresenta

Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcìa Marquez. Rileggerlo mi aiuta a non dimenticare quanto è importante la fantasia.

Di cosa ti occupi attualmente?

Giornalismo e scrittura, ormai le due cose viaggiano parallele.

Il progetto personale e/o professionale che ti ha dato lasciato il maggior impatto emotivo?

Scrivere il mio ultimo libro è stata sicuramente un’esperienza speciale, perché mi ha portato a passare dal silenzio della mia stanza al clamore dei dibattiti e del confronto in pubblico. Constatare che qualcosa partorita solo dalla tua mente possa appassionare qualcuno è un’emozione unica.

Se fossi il sindaco di Roma quali sono i tre provvedimenti che attueresti nei primi 100 giorni di governo?

Passerei i primi 100 giorni a scegliere con attenzione tutti i miei collaboratori e lo stesso farei con gli assessori. Il male di questa città è una certa politica rappresentativa di interessi e piccole lobby e una macchina amministrativa impiantata da anni in Campidoglio, che ormai controlla tutto.

Sei scrittore e giornalista d’inchiesta specializzato in Mafia Capitale. In base alla tua esperienza personale/professionale come pensi si possano tramutare queste “energie” criminali e corruttive in attività legali a beneficio sociale?

Non possono. Bisogna combatterle con ogni mezzo. Questi mondi criminali si stanno mangiando la città solo per la debolezza della classe politica e della stessa società civile. Le responsabilità sono di tutti, a partire da molti professionisti (commercialisti, notai, avvocati), che si sono fatti “scala” per permettere al mondo di mezzo di raggiungere quello di sopra. È necessario isolare culturalmente i criminali, perché solo una volta isolati l’attività investigativa darà realmente i suoi frutti.

Secondo te un nuovo rapporto tra Stato e cittadino può essere la chiave di volta?

Sicuramente sì, per guarire questo male è necessaria una rivoluzione culturale, una partecipazione massiccia della società civile che vada oltre la momentanea e superficiale indignazione, ma si allarghi a gesti concreti e a un nuovo modo di intendere la vita pubblica.

Come ti vedi tra 10 anni?

Più o meno come oggi…

Come immagini l’Italia tra 10 anni?

Come quella di dieci anni fa, impegnata ancora a interrogarsi se ce la possiamo fare, invece di farlo veramente.

Se l’Italia fosse un libro

Sarebbe Cecità di José Saramago, un luogo dove la gente perde improvvisamente e senza alcuna ragione apparente la vista. E nonostante i tentativi di arginarla, l’epidemia pian piano contagia tutti.

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