Cos’è per te il talento?
Ho letto la domanda e ho pensato “Ok. Facile. Che ci vuole”. Poi ho provato a rispondere e non mi è sembrato più così semplice. Penso che accada così con le cose e le persone che hai realmente dentro. Più ti sono vicine e meno riesci a vederle. Per me il talento ha una coloritura emotiva. È la luce che hai dentro – sole o fiamma di candela, è uguale – che non si spegne. È la luce che fa di te quello che sei sul serio ed è fatta di capacità, di identità, di memoria, di istinto.
Penso che il mio talento sia scrivere e dentro c’è la mia testa, c’è come sono fatto, ci sono tutti i libri che ho letto da ragazzino un po’ sfigato, il ricordo della casa di un mio prozio appena scomparso, il salotto bagnato di luce di un monolocale al centro di Roma coperto da un mare di libri in disordine e da una tazza del cesso, e molte altre cose ancora.
I tre valori per te irrinunciabili (in ordine d’importanza)
La dignità, il rispetto (che è una cosa diversa. Pensateci) e la compassione – che è un modo di vivere se stessi e gli altri prima ancora di essere un sentimento.
Un film che ti rappresenta
The Wrestler, di Darren Aronofsky. Ho una gigantesca locandina appesa dietro alla scrivania dove scrivo. È la storia di un perdente, un lottatore di wrestling passato di moda che non riesce a fare altro che quello che ha sempre fatto, nonostante non sia più il suo tempo.
Di cosa ti occupi attualmente?
Il mio quarto romanzo uscirà a settembre – doveva uscire a maggio ma è stato rimandato causa COVID 19. Sto sceneggiando un poliziottesco a fumetti e una storia tutta mia sinceramente assurda che parla di punk filospartani a Roma (verità) e curo il coordinamento editoriale del mio editore, Round Robin, per le collane di narrativa e graphic novel.
Il progetto personale e/o professionale che ti ha dato maggiori gratificazioni?
Il mio primo romanzo – che siccome sono un tipetto assurdo è uscito per secondo – blu32.
I miei piedi erano radici affossate nella più profonda delle crisi personali. Non avevo più un lavoro, non avevo una lira e soprattutto non avevo la più pallida idea della direzione che avrei dovuto prendere. La mia vita era solo fibrillazione, mille stimoli che non ti fanno battere il cuore. Scrivere quel libro per me è stato iniziare a capirmi.
Se fossi il capo del governo o il sindaco della tua città quali sarebbero i primi tre provvedimenti che inseriresti in agenda nei primi 100 giorni?
Ti toglierei il voto, la libertà personale e infine la parola.
Quali sarebbero proprio i primi, non saprei. Però sono ossessionato dalla memoria, non solo personale, anche sociale. La crisi attuale mostra ciò che già sapevamo: non ricordiamo affatto da dove veniamo, quindi non abbiamo idea di dove stiamo andando. Anche per questo chi apre bocca gli dà fiato, dagli anti-vaccinisti a quelli che “gli antifascisti hanno una malattia”. L’ignoranza è fatta di quello che non sai ma anche di quello che non ricordi.
Quindi: incentivi alla cultura, bonus alle librerie (quelle non di catena, magari perse in qualche anfratto di Italia, hanno le pezze al culo) e qualcosa per le palestre di sport da combattimento. Mica devo essere altruista per forza, no?
Partendo dalla tua esperienza personale, come pensi che evolverà il tuo settore professionale?
In Italia ci sono oltre settemila editori di varie dimensioni – la stragrande maggioranza fatta dai cosiddetti “minori” e dagli editori di settore – e pochissimi investono realmente sulla qualità. In un settore estremamente saturo come quello dell’editoria, ‘sta roba non può durare. Ci sarà un approccio distintivo che sfrutterà le nuove tecnologie in modo diverso, sia per i supporti – ebook, formati alternativi – che per strategie, tecniche e mezzi di promozione. Il migliore dei libri rimane invenduto, se nessuno lo conosce.
Come ti vedi tra 10 anni?
Insoddisfatto per un motivo qualsiasi e alla ricerca di qualcosa che probabilmente ignorerò.
Avrò raccontato altre storie – dieci anni sembrano tanti ma sono l’inizio di un percorso – e esplorato altri mezzi e altri linguaggi. Voglio scrivere un film, dal soggetto alla sceneggiatura completa.
Come immagini l’Italia tra 10 anni?
Dieci anni da ora. Dieci anni da una crisi, come quella attuale, destinata a lasciare tracce profonde nel tessuto sociale, in quello economico – le stime parlano di una contrazione del PIL di quasi dieci punti – in quello politico.
Siamo sull’orlo di un burrone e a me piace pensare che sia arrivato il momento di imparare il cazzo di parapendio. Penso che l’Italia abbia la possibilità di progettarsi in modo migliore. Penso che tra 10 anni inizieremo a vederne le prove.
Se l’Italia fosse un libro
Ogni cosa è illuminata, di Jonathan Safran Foer. Non è affatto il mio libro preferito, ma c’è una frase… cito a memoria (il che mi permette di adattarla come mi pare): “I lividi se ne vanno via e così il dolore e così la sensazione che tutto quello che hai nella vita te lo sei guadagnato”. O una roba del genere.