Il sistema dei 5 elementi

Siamo nella sfera del micro, del piccolo, del basso, del marciapiede. Il punto d’osservazione in cui ci troviamo sono le micro-situazioni del quotidiano dove attiviamo e impostiamo il set di comportamenti che il repertorio specie-specifico di Homo sapiens ci mette a disposizione. Si tratta del kit di specialità che durante la nostra vita sviluppiamo, accumuliamo, personalizziamo, usiamo come strumento per risolvere i problemi di adattamento, di relazione, di sopravvivenza e di auto-realizzazione. Questa accezione di specie-specificità ci porta a considerare il ruolo che i cosiddetti kit genetici esercitano sugli organismi, idem le strutture anatomiche sulle funzioni che esse stesse rendono possibili.

Secondo i sostenitori dell’EVO-DEVO Evolutionary Developmental Biology («biologia evolutiva dello sviluppo»), le strutture anatomiche costituiscono un vincolo, un dente d’arresto dal quale la ruota strutturale e funzionale dell’evoluzione non può sganciarsi, a meno di rivoluzioni che portano alla speciazione.

La genomica comparata ha dimostrato che esiste una grande conservazione di intere famiglie geniche, piuttosto che geni diversi tra i diversi organismi. Appare quindi chiaro che la diversità tra gli organismi è regolata dalla diversa espressione dei loro geni, piuttosto che dalla presenza di geni diversi. In sostanza, EVO-DEVO può considerarsi il nuovo paradigma concettuale che permette di capire, progettare ricerche, avanzare ipotesi, spiegare come dalle molecole si giunga agli organismi. La strada è lunga e insidiosa ma altrettanto affascinante e utile da perseguire per conoscere tutti i “segreti” dell’essere umano nella sua diversità di espressione.

Nei precedenti articoli abbiamo evidenziato il tema di come la cornice influenzi i comportamenti dei singoli e dei gruppi, del potere del contesto che può modificare le percezioni e le azioni degli abitanti di un quartiere, del fatto che possiamo intervenire sulle piccole cose per migliorare la situazione generale in ogni ambito della vita sociale. Immagina, ora, di “zoommare” con la tua mente su quelle micro situazioni in cui attivi comportamenti specie-specifici, come per esempio: correre, parlare, mangiare, comunicare, sperimentare, incontrarsi, lavorare, collaborare, studiare, riflettere, pianificare, etc.

Il linguaggio, per fare un esempio molto comune, è specie-specifico di Homo sapiens in quanto tecnologia uditivo-vocale applicata ai bisogni simbolici, comunicativi e interattivi, altamente specializzata almeno quanto la tecnologia manuale. Come ogni altra tecnologia specie-specifica, dipende dall’evoluzione di strutture e funzioni che in parte provengono da una storia evolutiva lunga che, nella linea dei primati non umani ha acquisito un ruolo adattativo in virtù dell’organizzazione sociale, del passaggio al bipedismo, della cura della prole e del social learning (apprendimento basato sull’interazione sociale dei membri di una tribù o comunità). Ovviamente non dobbiamo dimenticare che si tratta di tecnologia specie-specifica che, in quanto tale, racchiude in sé tutte le possibilità cui la nostra cognizione è dotata. La nostra cognizione, dunque, non è semplicemente caratterizzata dalla presenza del linguaggio ma è vincolata da condizioni biologiche che, selezionate nel corso dell’evoluzione, hanno offerto alcune possibilità funzionali e non altre.

Come facciamo a identificare e raccogliere tutto questo materiale umano che abbiamo a disposizione? Questo kit di comportamenti specie-specifici che ognuno di noi ha in dotazione?

Il problema è che questo repertorio comportamentale ha un’ampia portata, un raggio d’azione molto vasto e diventa difficile fare chiarezza intorno a quelli che sono gli elementi chiave che dovremmo prendere in considerazione. Passare in rassegna tutte le unità comportamentali e le varianti d’azione disponibili nel kit fenotipico di Homo sapiens non è lo scopo di questo articolo. In questa sede ci interessa “fare sistema”, ovvero raccogliere e organizzare la prima scelta del materiale umano (se preferisci capitale umano) che abbiamo a disposizione. In tempi rapidi, pronto a dispiegare le sue potenzialità. C’è un bellissimo detto popolare che recita:

Chi c’ha tempo non aspetti tempo”. È una esortazione a non rimandare la decisione di fare sistema.

Si parte dal presupposto che, per la natura intrinseca del fenomeno in questione, ci sarà sempre una parte di materiale che sfuggirà al nostro occhio, talmente tanta è l’abbondanza di cui disponiamo. Ciononostante, quello che possiamo fare è disegnare un sistema di cinque elementi, o anche considerati “filtri” in grado di raccogliere e organizzare informazioni sul funzionamento del nostro sistema personale. Per convenzione scegliamo i cinque (5) elementi chiave, emergenti dal basso della nostra esperienza alle prese con la sopravvivenza, con l’orientamento sulle strade da prendere, con le relazioni sociali e con l’auto-realizzazione: Attitudini, Valori, Passioni, Skill, Saperi.

Il primo elemento che prendiamo in considerazione sono le Attitudini. L’attitudine potrebbe essere considerata la bella cenerentola addormentata. Diciamo che pur riconoscendone l’importanza e la pregnanza nella nostra vita, non le diamo lo spazio e la dignità che merita. Forse perché la sua natura è intangibile? Obiettivamente parlando, non si può negare il fatto che sia un qualcosa di impalpabile a primo acchito. Ma se pensiamo al retrogusto delle sue emanazioni, delle sue variegate manifestazioni, delle sue innumerevoli espressioni, ci rendiamo subito conto della sua enorme plasticità, della sua versatilità, della capacità di vestirsi di nuove forme, di essere presenza viva e cangiante. Potremmo per analogia, paragonarla al fenomeno che comunemente si chiama “Sindrome di Zelig”, dal protagonista della commedia di Woody Allen del 1983. La trama ci dice che:

Siamo nel 1928. L’uomo del momento è Leonard Zelig, vittima di una ignota malattia che si manifesta nella trasformazione psicosomatica dei tratti in conseguenza del contesto in cui l’individuo si trova. Ricoverato in ospedale, Zelig (che in lingua yiddish significa “benedetto”) viene seguito da Eudora Fletcher, una psichiatra che cerca di scoprire le radici dello strano fenomeno nell’inconscio del paziente. Il “camaleontismo” di Zelig si trasforma in una moda. Leonard viene affidato alla sorellastra che cerca di trasformarlo in un fenomeno da baraccone. La dottoressa Fletcher tenta di proteggere Leonard e se ne innamora. I due decidono di sposarsi, ma Zelig, turbato dagli scandali montati dalla stampa, fugge in Europa. Eudora lo ritrova a Monaco di Baviera: Leonard è alle spalle di Hitler durante un’adunata nazista. Fuggiti dalla Germania, Leonard ed Eudora vengono accolti trionfalmente in patria.

La metafora del film di Woody Allen ci serve a capire che l’attitudine, che si muove secondo le regole dell’inconscio, può diventare (praticamente) qualsiasi cosa a contatto con il contesto, dato il suo essere biologico e camaleontico.

Il secondo elemento, i Valori, è uno stretto alleato del primo. Entrambi, infatti, si influenzano reciprocamente a partire da una sorta di patto di stabilità e coerenza tra i due livelli del sistema. Ciò significa che esiste un forte allineamento funzionale. Durante la nostra esperienza vivente, i valori che selezioniamo automaticamente come principi guida, non sono altro che i “baluardi” che usiamo per difendere gli interessi delle nostre attitudini di agire esprimendosi liberamente. Se per esempio ti dicessi che il mio valore porta bandiera fosse la “libertà”, intesa come libertà di espressione del potenziale umano e delle possibilità in un quadro di regole stabilite insieme, quello che ti sto dicendo in realtà è che la mia attitudine dell’esplorazione, ha bisogno di trovare alleanze e sostegno per svolgere la sua funzione naturale. Si appella ai valori, socialmente condivisi, e sceglierà quello che garantirà la maggiore probabilità di successo.

Insieme al terzo elemento delle Passioni, rappresentano una sorta di cabina di pilotaggio della nostra navigazione di vita. Una guida per l’azione. Sono elementi che indicano la direzione, i bivi e le biforcazioni, la scelta di campo, il posizionamento, le decisioni. La passione è quell’elemento che attira il tuo sguardo, che attiva le risposte viscerali e le emozioni più contrastanti, che soddisfa gli appetiti del sapere e il bisogno d’informarsi.

Il quarto e quinto elemento, le Skill e i Saperi, rappresentano le gambe e le braccia, gli strumenti, gli attrezzi e le tecniche da attualizzare per poter raggiungere la direzione tracciata dalla cabina di pilotaggio.

È bene sottolineare che, nel modello Homo Talent, l’Attitudine è la regina del sistema. Infatti, il tradizionale modello dell’Iceberg viene rovesciato.

L’attitudine vince sempre!

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