La portata del fenomeno reskilling, per dare un’idea delle dimensioni, è pari a quella che nel 1700 vide il passaggio di milioni di lavoratori dai campi alle fabbriche durante quella che è stata definita la prima rivoluzione industriale.
La differenza è che oggi, la velocità con cui cambiano le idee e le strategie – in base alle esigenze della realtà globalizzata – è molto più alta e direi vertiginosa.
Un recente rapporto del World Economic Forum (l’organizzazione internazionale per la cooperazione tra pubblico e privato) presenta ed espone il tema centrale dei prossimi anni, fornendo anche delle stime sui costi che questa continua rivoluzione formativa di massa comporterà per i governi.
La situazione italiana del reskilling
La situazione in Italia, in proporzione, è abbastanza complicata. L’Italia, infatti, vanta la forza lavoro più anziana del mondo, dopo Giappone e Germania.
Secondo le rilevazioni Istat, oggi, l’età media dei lavoratori italiani è di 44 anni, aumentando di circa 6 mesi ogni anno.
Le previsioni del Fondo Monetario Internazionale, già nel 2016, indicavano che nel 2022 un quinto degli occupati avrà un’età compresa tra i 55 e i 64 anni e nel 2025 saranno uno su quattro.
Questo significa che una buona fetta dei lavoratori impiegati oggi nel nostro paese si sono formati in un’epoca in cui non esisteva Internet oppure era agli albori. Non c’era Google e gli strumenti tecnologici si riducevano all’editor word con l’aggiunta, in alcuni casi, di excel.
La velocità, dunque, nel mondo del lavoro, è uno dei fattori di cui tener conto. Le situazioni cambiano continuamente, e spesso in maniera incontrollabile, con il rischio che si possa perdere la bussola.
Cosa facciamo noi di Homo Talent per favorire il reskilling
In tal senso, Homo Talent, contribuisce a non perdere quest’orientamento. Come? Dopo mesi di duro lavoro, abbiamo creato la piattaforma (Homo Talent) che, attraverso un percorso, consente, in tempi brevi, a professionisti e imprenditori, di focalizzare l’attenzione sui sul proprio talento primario.
Questo screening potrebbe cambiare il destino di una vita, potrebbe conferire all’individuo le indicazioni per determinare il lavoro giusto, adatto alle proprie potenzialità, e non da ultimo raggiungere la serenità e la coerenza con il proprio mondo interiore, creando così un percorso professionale felice. Un bel vantaggio dunque.
Qualcuno potrà obbiettare che dopo anni di esperienze vissute con le conseguenti riflessioni a corredo, tutti… o quanto meno molti, potrebbero definire le proprie attitudini e farsi un’idea su quale capacità personale sia preponderante. In parte è così.
Ma è proprio l’altro lato della luna che potrebbe arrecarci il danno maggiore. Nel suo libro “Homo Talent – Idee e strumenti per le rivoluzioni quotidiane” Giorgio Maggi, sociologo e scrittore, apre una finestra su questo specifico passaggio:
“Non appena cominciamo a percepire l’ambiente circostante e rispondiamo in un modo o in un altro alle sue informazioni, in quel solco spazio-temporale il talento nasce, si plasma e si sviluppa.
Eppure ad un certo punto dell’esistenza finisce in disparte, conducendo (quasi) una vita parallela.
Sempre al nostro fianco, ogni tanto rispunta fuori per suggerirci che stiamo imboccando strade non adatte, e lo fa con un linguaggio non conforme che, molto spesso, non riusciamo a comprendere, o che forse snobbiamo per inerzia.”
Come combattere la disoccupazione
Se è dunque vero, che il nostro talento, ci svela delle verità nascoste sul nostro conto, è altrettanto vero che, molti tra i nostri parenti, amici e conoscenti non sono riusciti a sfruttare il loro talento in quanto hanno erroneamente imboccato, una strada diversa da ciò che esso indicava.
Ritornando al tema generale, è necessario dire che il timore delle persone è sempre quello di perdere la battaglia con la disoccupazione.
Una delle armi che abbiamo a disposizione è dunque il reskilling, poi anche altri fattori dovranno costruire una nuova economia sostenibile per il mondo, ma credo che questa sia per il momento un’altra storia.
Considerando un discorso globale, sarà allora necessario pensare a percorsi di reskilling per milioni di persone che dovranno aggiornare le proprie competenze per poter accedere a nuove mansioni connesse con l’Industria 4.0 ed al mondo digitale più in generale.
Tali percorsi dovranno integrare gli sforzi pubblici con quelli privati. Le iniziative in questo senso si stanno moltiplicando a livello internazionale, lo stesso World Economic Forum, per esempio, ha promosso un accordo, il “Closing the skills gap 2020”, tra tutte le aziende partner e i governi per la riqualificazione di 17 milioni di lavoratori nel mondo entro il 2020.