guida ai 4 spazi antropologici*

Che cos’è uno spazio antropologico?

I rapporti umani producono continuamente spazi. Una conversazione può essere considerata la costruzione di uno spazio di significati. Gli spazi vissuti si formano intorno agli oggetti che contengono e che li organizzano. Ci sono spazi a livello di istituzioni, gruppi sociali, grandi insiemi culturali. Gli uomini non abitano solo uno spazio fisico, ma anche in spazi affettivi, estetici, sociali, storici: spazi di significato. Ciascuno con il proprio sistema di prossimità (temporale, affettivo, linguistico…), così un’entità può esserci vicina in uno spazio e lontana in un altro. Ogni spazio ha il proprio sistema di valori o misure. Buona parte della nostra attività cognitiva consiste nell’orientarci all’interno della moltitudine di “mondi” diversi nei quali navighiamo.

È un sistema di prossimità (spazio) proprio del mondo umano (antropologico) e dunque dipendente dalle tecniche, dai significati, dal linguaggio, dalla cultura, dalle convinzioni, dalle rappresentazioni e dalle emozioni umane […] passiamo il tempo a modificare e organizzare gli spazi nei quali viviamo, a connetterli, separarli, articolarli, rafforzarli, introdurvi nuovi elementi, spostare le intensità che li strutturano, saltare da uno spazio all’altro […] Gli spazi antropologici si estendono all’insieme dell’umanità. Sono al loro volta intessuti di un gran numero di spazi interdipendenti. 

Ciascuno di noi possiede quattro tipi di mentalità, anche se la prima è dimenticata e la quarta deve ancora apparire. La nostra nascita non è solo territoriale (iscrizione all’anagrafe) e familiare. Dobbiamo imparare a spostare le nostre intensità vitali verso la Terra, ritrovare un rapporto con il cosmo. La conoscenza, il pensiero, l’invenzione, l’apprendimento collettivi gettano ponti oltre le separazioni del Territorio.

Ad ogni spazio corrisponde un tipo di identità, un genere di desiderio, una struttura psichica.

lo spazio della terra | sud

Paleolitico - 70000 a.C.

È il mondo di significati dischiusosi nel Paleolitico con il linguaggio, la tecnica e le istituzioni sociali. Non è il suolo originario o il tempo delle origini, ma lo spazio-tempo immemorabile della specie. È un cosmo in cui gli uomini sono in comunicazione con gli animali, le piante, i luoghi e gli spiriti. Gli animali vivono in una nicchia ecologica. L’uomo vive su una Terra che elabora e rielabora costantemente con i propri linguaggi, strumenti, costruzioni sociali, a cui non cessa di mescolare il cosmo. L’uomo non appartiene solo a una specie, ma si sceglie un totem. Superando le frontiere delle identità, il coro della Terra intona ancora il suo folle canto di sogno e di vita, che sostiene l’esistenza del mondo.

lo spazio del territorio | est

neolitico - 3000 a.C.

Da 12.000 anni si diffonde sulla Terra. L’allevamento, l’agricoltura, la città, lo stato, la scrittura, la divisione del lavoro… Quando si connettono si afferma il mondo sedentario della “civilizzazione”. Il Territorio si sovrappone alla Terra nomade, la respinge ai margini. Incanala fiumi, bonifica paludi, dissoda foreste, costruisce ponti. Anche gli eserciti, le guardie, le amministrazioni, i collettori di imposte costruiscono il Territorio dall’interno, edificano nei costumi e nell’anima collettiva dei popoli una piramide sociale. Ogni gerarchia racchiude, come un bambino nato morto, la mummia del faraone. Il Territorio instaura con la Terra un rapporto predatorio distruttivo, la domina, la fissa, la delimita, la circoscrive e la misura.

lo spazio delle merci | nord

rivoluzione industriale - 1750 D.C.

Non è lo spazio abituale degli scambi, ma un mondo nuovo, tessuto dalla circolazione del denaro. Ai suoi esordi inconsistente, riunisce le proprie membra in seguito a una straordinaria congiuntura storica: moneta, banca e credito, capitali, mercati, lavoratori strappati alle campagne… Superando le frontiere, il vortice del denaro trascina una marea di oggetti, segni e uomini. Lo Spazio delle merci è spianato da una macchina che si alimenta di tutto ciò che incontra. Il capitalismo funziona solo grazie allo stato, coinvolgendo nei propri traffici i flussi e i segni del cosmo territoriale, reinterpretato come risorsa. Quando si rende autonomo, esso non sopprime gli spazi precedenti, ma li subordina, li organizza secondo i propri fini. Il movimento dell’industria e del commercio è stato il motore dell’evoluzione delle società umane. Esso è irreversibile e ha istituito l’economia come dimensione ineliminabile dell’esistenza.

lo spazio del sapere | ovest

noolitico - dal 2000 ad oggi

È un’utopia in senso etimologico, un non luogo. Non è mai stato realizzato, ma è già virtuale, in attesa di nascere. Il superamento del punto di non ritorno forse non avverrà mai. Nei confronti delle merci, esso deve sottostare alle esigenze di competitività e ai calcoli del capitale. Sul Territorio è subordinato agli obiettivi di potere e alla gestione burocratica degli stati. Rispetto alla Terra, è invischiato nelle mitologie della new age. Cos’è il sapere? Il pensiero non può essere ridotto ai discorsi razionali: ci sono dei pensieri-corpo, pensieri-affetto, pensieri-percezione, pensieri-segno, pensieri-concetto, pensieri-gesto, pensieri-macchina, pensieri-mondo. Non si è ancora reso autonomo, ma la sua qualità d’essere è tale che il suo grido risuona nell’eternità: lo Spazio del sapere è sempre esistito. Esso è un ritorno della Terra su se stessa. La svolta del terzo millennio racchiude in sé i germi di uno Spazio del sapere autonomo. Non si tratta dell’autonomia della conoscenza scientifica in sé, ormai acquisita, ma di uno spazio del vivere-sapere e del pensiero collettivo che potrebbe organizzare l’esistenza e la socialità. Non sarà una grande rivoluzione a farlo scaturire, ma tante piccole albe.

  • La teoria dei quattro spazi antropologici tratta da: L’intelligenza collettiva – Per un’antropologia del cyberspazio, Pierre  Lévy, Milano, Feltrinelli, 1996. Edizione originale: Éditions La Découverte, Paris, 1994