Potere del contesto VS talento emergente

La conosci la teoria delle finestre rotte dei sociologi americani James Q. Wilson & George L. Kelling pubblicata su The Atlantic nel marzo del 1982? Scrivono Wilson & Kelling:

Se una finestra è rotta e non viene riparata, chi vi passa davanti concluderà che nessuno se ne preoccupa e che nessuno ha la responsabilità di provvedere. Ben presto ne verranno rotte molte altre e la sensazione di anarchia si diffonderà da quell’edificio alla via su cui si affaccia, dando il segnale che tutto è possibile. In una città, problemi di minore importanza, come i graffiti, il disordine pubblico, la mendicità aggressiva, l’incuria, la sporcizia, sono l’equivalente delle finestre rotte, ossia inviti a crimini più gravi: “Rapinatori e ladri, sia occasionali sia di professione, sanno che le possibilità di essere catturati, o persino identificati, si riducono se agiscono in strade in cui le vittime potenziali sono già intimidite dalle condizioni dominanti.”

La teoria delle finestre rotte è una cosiddetta “teoria epidemica della criminalità“. Afferma che la criminalità è un fenomeno contagioso, come è contagiosa una tendenza della moda, che può iniziare con una finestra rotta e diffondersi a un’intera comunità. L’impulso ad assumere un determinato comportamento – positivo o negativo – non parte da un particolare tipo di persona, ma da una caratteristica dell’ambiente circostante. È chiaro che, ogni teoria, per quanto elegante ed efficace sia a leggere e interpretare i fenomeni, è pur sempre un’argomentazione parziale, temporanea e confutabile. Proprio perché il suo scopo non è quello di “accontentare tutti” con suggestioni omnicomprensive. Il suo scopo, squisitamente pragmatico, è quello di risultare utile o non utile alla causa. Inoltre, con il passare del tempo subentreranno altre teorie che sostituiscono quelle precedenti. Per esempio, conosci la teoria del potere del contesto? È una teoria simile a quella delle finestre rotte. Forse sono una cosa sola.

Entrambe si fondano sulla premessa che un’epidemia possa essere stroncata intervenendo sui dettagli minori dell’ambiente immediatamente circostante.

La teoria del potere del contesto ci è molto utile in questa sede. Ci dà lo spunto per spostare il focus sullo studio e sulla mappatura dei contesti. Ci dà la possibilità di sviluppare nuove skill e nuovi saperi. Non abbiamo certo bisogno di affermare che una teoria è vera o falsa per capire quanto è importante e influente la “cornice” nell’influenzare i comportamenti dei singoli e dei gruppi. È una conoscenza e una credenza, consolidata da tempo nell’immaginario collettivo.

Conoscere la teoria nella mappatura dei contesti, ti servirà a capire bene il terreno dove metterai i piedi, a costruire mappe valutando gli spazi, a scegliere il punto dove posizionerai il tuo campo. Lo scopo, ora, è di usare la teoria per spostare il focus sui contesti che quotidianamente frequenti: dove mangi, dove lavori, dove vivi, chi frequenti, che abitudini hai nel fine settimana, nel dopocena, al risveglio. Insomma, tutte quelle micro situazioni che ti vedono come attore/attrice partecipante.

Nell’altro angolo del “ring” si trova il talento emergente. Per usare una metafora pugilistica, oserei dire che si tratta di una situazione variata di sparring partner. Il suo moto procede dal basso verso l’alto, da dentro a fuori. Come è naturale che sia. Quel moto interiore che spinge per esprimersi e che, spesso, non trova il modo di farlo. Non trova le combinazioni giuste, i movimenti adatti. È come se non trovasse la strategia di combattimento adeguata. Di solito, i grandi campioni della boxe o di arti marziali la prima cosa che fanno quando inizia il combattimento è studiare le sequenze dell’avversario, capire qual è il suo stile, i suoi movimenti principali per colpirlo nei sui punti deboli. Il primo round, di norma, serve a studiare le mosse dell’avversario. Il talento, se vogliamo, si colloca nello status perenne di “emergente” in quanto, ogni volta deve trovare una risistemazione all’interno dei contesti che frequenta. Ogni benedetto round deve adattarsi alla situazione, deve gestire i colpi e le energie a disposizione, deve scegliere la giusta strategia per quello specifico momento della gara. Fuori di metafora, la domanda che ne consegue è:

Sai che succede quando il tuo talento incontra il contesto?

L’organismo che ci permette di vivere, il nostro sistema neurovegetativo per intenderci, pensi che stia lì a caso? Il suo compito è proteggere, salvaguardare e migliorare il nostro status di “vivente” e non può certo permettersi di abbassare la guardia. Ha imparato, da milioni di anni di prove evolutive a confrontarsi con l’ambiente, a sviluppare strategie di difesa e d’attacco, di fuga e di lotta, a cogliere segnali sottilissimi e/o invisibili per mantenere la propria incolumità psicofisica. La sua specializzazione è stata forgiata in centinaia di migliaia di anni di cambiamenti filogenetici, superando numerose prove di adattabilità, sopravvivenza e ingegnosità. Detto questo, occorre capire il raggio d’azione di cui dispone il nostro organismo, e il conseguente talento emergente, nel muoversi negli spazi per influenzare di ritorno (feedback) il contesto. Nello specifico: 

  1. Il talento a che livello è in grado di influenzare il contesto e controllarne le variabili?
  2. Fino a quanto si può spingere e mostrarsi nella sua autenticità?
  3. Le regole del contesto quanto incidono sulla sua performance? 
  4. Siamo in grado di rispettarle oppure tentiamo di eluderle per trovare spazi espressivi?

Ovviamente le risposte ci sottopongono a delle riflessioni importanti, a valutare i numerosi rischi, ma anche a stimare le notevoli opportunità. Per prima cosa, noi sappiamo che certi meccanismi ambientali sono strutturalmente parlando, più grandi e complessi di noi singoli organismi, anche se radunati in gruppi. A livello di vastità, di profondità, di pervasività e ramificazione, il contesto, per sua natura, eserciterà sempre una forte pressione sul nostro organismo individuale. D’altro canto, l’evidenza ci dice che il talento può organizzarsi per far fronte alle pressioni ambientali. Con l’ingegno, l’azione e le alleanze, riesce a ritagliarsi il campo e lo spazio come sempre ha fatto nella sua storia evolutiva. Con l’ausilio di tecniche, strumenti e metodi raffinati ereditati dal passato e aggiornati con il tempo e i progressi tecnologici. Durante lo sparring partner tra te e l’ambiente sarai in grado di gestire lo spazio e le distanze intorno a te. Di modellare porzioni e sotto-porzioni di campo nei contesti che frequenti. Nel bene o nel male, poco o tanto, a livello individuale o di gruppo, volontariamente o involontariamente.

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